Skip to main content

DIRITTO ALLO STUDIO, ROMANO CON MAJORINO, ROGGIANI E LISSIA (PD): “LA LOMBARDIA CONTINUA AD ABBANDONARE GLI STUDENTI E LASCIA SENZA BORSA 1.367 IDONEI. IL CASO ESEMPLARE DI PAVIA”

 

“In cinque anni la maggioranza che governa la Regione Lombardia ha sottratto 170 milioni di euro alle università lombarde con un trucco: non mettendo abbastanza risorse per pagare le borse di studio ha obbligato le università a pagare di tasca loro, cosa che non succede in nessun’altra regione italiana. Ma non è tutto. Nel bilancio 2024, ha tagliato ancora 5,2 milioni agli oneri di gestione, quei fondi pubblici destinati ai servizi, come studentati e mense, quando l’inflazione avrebbe richiesto invece delle risorse aggiuntive. Un danno ulteriore per le università e per il diritto allo studio di ben 1.367, tra studentesse e studenti che, pur avendo tutti i requisiti di merito e di reddito, non riceveranno la borsa di studio. Negli ultimi anni la Regione Lombardia ha stanziato come risorse proprie per le borse di studio circa 20 milioni di euro l’anno: una cifra ridicola, se si considera un fabbisogno in crescita tra i 150 e i 170 milioni di euro e il paragone con le altre regioni è impietoso. La sola Emilia-Romagna stanzia dieci milioni in più, avendo metà degli studenti: in pratica la Lombardia, rispetto all’Emilia-Romagna, stanzia un terzo per studente. E questo è ancora più grave, visto che lo scorso dicembre, l’aula consiliare aveva votato all’unanimità un atto del gruppo del Pd che garantiva il reperimento delle risorse necessarie a coprire tutte le borse di studio già nel bilancio 2024” così primo firmatario di quella mozione, il consigliere regionale del Pd Paolo Romano che questa mattina ha incontrato la stampa insieme al capogruppo Pierfrancesco Majorino, alla segretaria regionale del Pd Silvia Roggiani e al sindaco di Pavia Michele Lissia, per denunciare i tagli del governo nazionale e regionale al diritto allo studio, con l’illustrazione del caso esemplare del capoluogo pavese, città universitaria per eccellenza e primo, forte campanello d’allarme.

 

“I fondi per gli studentati e servizi sono stati tagliati drasticamente dal 2021 ad oggi, passando da 4.250 milioni a 2.480 del 2024 – spiega il sindaco Lissia -. Inoltre, i tagli o le risorse insufficienti di Regione e Stato si traducono in 920 studenti dell’Università di Pavia che avrebbero diritto alla borsa di studio, ma non l’avranno. Pavia ha una condizione particolare, con 71mila abitanti e 28mila studenti la cui presenza diventa ancor più rilevante, anche per la vita e l’economia della città. Per queste ragazze e ragazzi senza borsa il rischio è di abbandonare la carriera universitaria per impossibilità materiale. I tagli sui servizi e le residenze e le mancate risorse sulle borse di studio mettono in crisi gli studenti e la città di Pavia”.

 

“È ora che Regione Lombardia si assuma finalmente le sue responsabilità, anche rispetto al diritto allo studio, dal momento che, nonostante tutte le sue potenzialità, finora non ha fatto la sua parte per garantirlo – incalza Majorino che annuncia battaglia in aula, durante l’assestamento di bilancio, in discussione da domani al Pirellone – Una questione troppe volte ritenuta marginale che invece è fondamentale anche per la crescita di una regione che cresce sempre meno e che non può sperare di continuare a vivere sulle spalle delle università. È necessario ritrovare quell’idea di interesse pubblico che stiamo perdendo su troppi fronti”.

 

“Come sulla sanità, anche sul diritto allo studio la destra al governo va di pari passo con la Regione Lombardia e fa anche peggio – sottolinea Roggiani – taglia i 170 milioni del Fondo finanziamento ordinario per le università, oltre a 300 milioni per la ricerca e ad altri 400 milioni per l’adeguamento degli stipendi. Una vera sciagura per le università che si ritroveranno 590 milioni di risorse in meno e 400 milioni di spese in più. Se l’Italia non investe sulla formazione, continuerà a perdere competitività e sempre più giovani scapperanno all’estero, il futuro nel nostro paese diventerà sempre più ’ereditario’ e l’ascensore sociale si bloccherà. Se è vero che questa regione crede, come sostiene in continuazione, nell’autonomia e nella sua eccellenza, allora ci aspettiamo anche che sia in grado di dimostrarlo”.

 

La nota stampa con tutti i dati

 

LA DESTRA AL GOVERNO, IN REGIONE LOMBARDIA E A ROMA, DISTRUGGE IL DIRITTO DI STUDIARE

 

IDONEI NON BENEFICIARI

Regione Lombardia ha un nuovo record: lascia senza borsa di studio 1.367 studentesse e studenti universitari che risultano idonei ma, a causa delle risorse regionali insufficienti, sono non beneficiari. Cosa vuol dire? Vuol dire non ricevere la borsa di studio a cui hanno diritto, ovvero quelle risorse fondamentali per poter affrontare le spese connesse allo studio universitario: residenza, mensa, acquisto libri di studio, vita fuorisede.

Un problema serio, che ha colpito soprattutto l’università degli studi di Pavia, dove quasi un terzo degli studenti idonei (920) non riceverà la borsa di studio e che non si ferma però a queste 1367 persone: perché Regione Lombardia ha rubato alle università Lombarde oltre 170 milioni di euro in 5 anni: risorse che avrebbe dovuto stanziare Regione Lombardia e che, invece, sotto il ricatto di vedere i propri studenti senza borsa di studio, hanno dovuto sborsare le università.

Ma come è possibile? Vediamo qualche cifra.

 

GLI ULTIMI PER DIRITTO ALLO STUDIO

Investire in diritto allo studio è una necessità per l’Italia, contando che nel nostro paese solo poco più del 14% degli studenti riceve una borsa di studio (l’8% in Lombardia, una delle peggiori); rispetto alla media del 30% a livello europeo. Un dato che si riflette poi in un basso numero di laureati e in un alto tasso di drop-out dagli studi: in Italia studiare è ancora un privilegio.

Per questo il PNRR ha fissato un obiettivo del 25% per l’Italia, stanziando risorse straordinarie per aiutare il numero di borse di studio a crescere in questi anni, così come il loro importo: la platea è stata ampliata innalzando la soglia ISEE massima per l’accesso a livello ministeriale, portata a quasi 28mila euro per l’anno accademico 2024/2025 e sono aumentati gli importi minimi indicati dal ministero dell’università e della ricerca. Mentre per gli importi minimi, però, la decisione è vincolante, per l’innalzamento della fascia ISEE sta alle regioni adeguarsi: fino all’anno 2023/2024 la Lombardia aveva scelto di non farlo, rimanendo intorno ai 24mila euro come limite massimo, per poi adeguarsi pochi giorni fa alla fascia massima… dell’anno scorso. Insomma: ogni anno rimanendo “indietro” con l’aggiornamento della fascia ISEE Regione Lombardia risparmia, ma a spese di studentesse e studenti che si trovano di fronte ad un assurdo: in regioni con il costo della vita ben più basso, potrebbero accedere alla borsa di studio, in Lombardia no: il loro ISEE non è sufficientemente basso.

 

RISORSE REGIONALI: UN TERZO DELL’EMILIA–ROMAGNA

In ogni caso questa espansione, doverosa ed importante, è stata finanziata in parte dal PNRR e in parte richiedeva risorse statali e regionali aggiuntive.

La Regione se ne è fatta carico? Ovviamente no. Negli ultimi anni Regione Lombardia ha stanziato come risorse proprie per le borse di studio circa 20 milioni di euro l’anno: una cifra ridicola, se si considera un fabbisogno in crescita tra i 150 e i 170 milioni di euro.

Se guardiamo allo stanziamento per studente, il paragone con le altre regioni è impietoso: la Lombardia stanzia circa 60 euro per ogni studente universitario lombardo, contro i circa 190 euro dell’Emilia-Romagna: un terzo.

 

IL GRANDE FURTO: 170 MILIONI SOTTRATTI ALLE UNIVERSITÀ LOMBARDE

Questo vuol dire che, anche con le altre risorse vincolate (tassa unica per il diritto allo studio, Fondo Integrativo Statale, risorse PNRR), rimangono fuori decine di milioni di euro annui: l’unico motivo per il quale il sistema non è saltato in aria è l’intervento delle università lombarde che, a differenza di quelle di tutte le altre regioni, hanno finanziato con risorse proprie le borse per sopperire al disinteresse della Regione. L’anno scorso, a fronte di 20 milioni di euro stanziati da Regione Lombardia, le università ne hanno erogati 37: una follia. Le università, che non dovrebbero contribuire a questo servizio erogato dalle Regioni, hanno messo addirittura il doppio di Regione stessa. Per il 2024/2025, a meno di cambiamenti, le università dovranno mettere ancora di più.

Se guardiamo questi 5 anni, si tratta di circa 170 milioni (contando che quelle per il 2024/2025 sono ancora stime) sottratti alle università lombarde: risorse che potevano e dovevano essere spese in didattica, nel risolvere il problema del sovraffollamento delle aule, in laboratori moderni o in nuovi studentati. Insomma, l’abbandono della Regione colpisce tutto il sistema universitario lombardo e la sua competitività.

Anno accademicoFabbisognoRisorse RegioneRisorse Atenei
20/2195.536.313,87 €12.481.635,00 €33.081.678,00 €
21/22102.209.753,37 €12.481.635,00 €33.627.998,37 €
22/23150.184.796,16 €20.450.000,00 €38.585.716,54 €
23/24160.793.509,04 €20.467.249,00 €37.223.156,42 €
24/25*177.000.000,00*21.000.000,00€*45.000.000,00 €

*stime basate sullo storico e sui previsionali

 

 

I TAGLI ALLE SPESE DI GESTIONE

Ma non basta: perché Regione Lombardia, nel bilancio 2024, ha anche tagliato i fondi destinati agli oneri di gestione connessi al diritto allo studio, ovvero quelle risorse stanziate per sostenere le università nelle spese di residenze, servizi mensa, etc. 5,2 milioni in meno, quando l’inflazione avrebbe richiesto invece delle risorse aggiuntive. Un danno ulteriore per le università che si sono trovate costrette a coprire sia le borse di studio in più sia questi tagli: non riuscendoci, si è arrivati ai 1367 idonei non beneficiari.

Questi tagli sono particolarmente violenti, perché colpiscono il sistema del diritto allo studio dove è già più fragile: la carenza in studentati di “stanze” ad un prezzo accessibile per gli studenti. Un fronte su cui Regione Lombardia ha molte colpe, visto che è la Regione che ha speso di meno (tra quelle di grandi dimensioni) per realizzare nuovi studentati e, negli ultimi due bandi, ha finanziato progetti che per quasi la metà dei fondi sono andati a privati i quali, senza l’obbligo di convenzionare tali stanze o con l’obbligo di convenzionarne solo una piccola parte, offrono le altre sul mercato a cifre spropositate.

 

STUDENTATI: IL GOVERNO REGALA I FONDI AI PRIVATI

La destra al governo tiene la linea con Regione Lombardia. Basti pensare che per ritardi e malagestione si è arrivati ad escludere 287 milioni di euro per nuovi alloggi universitari dalla terza rata del Pnrr: un danno immenso in un paese in cui mancano studentati e posti letto.

Ma la proposta di modifica del Piano conferma questa strategia per l’attuazione della seconda fase della misura, legata al Fondo housing universitario da 660 milioni di euro. I provvedimenti di attuazione del Pnrr hanno radicalmente cambiato il quadro normativo in tema di residenze universitarie, con l’obiettivo di aumentare i posti per studenti attraverso il “supporto della sostenibilità degli investimenti privati”.

Con due avvisi, nel 2022, il ministero dell’Università e della ricerca ha assegnato oltre 287 milioni di euro per 9.179 posti. Due terzi delle risorse (210 milioni di euro) sono andati a posti realizzati privati; al pubblico sono stati assegnati in tutto 77 milioni di euro. Nei due provvedimenti non viene richiamato il vincolo sulla destinazione di almeno il 20 per cento dei posti privati cofinanziati dallo stato al diritto allo studio (comunque bassissimo) confermando l’utilizzo “flessibile” degli alloggi, ovvero la possibilità di locarli ad altre categorie di utenti, quando non necessari all’ospitalità studentesca.

 

NON SOLO STUDENTATI: TUTTI I TAGLI DEL GOVERNO

I finanziamenti negli ultimi cinque anni sono aumentati in termini nominali, ma non reali.

Il sistema universitario italiano è storicamente sotto finanziato e l’investimento medio sul Pil è soltanto dell’1,5% mentre la media in Europa è del 2,3%.

Ma quest’anno il governo fa peggio: taglia sia in termini reali che nominali, sottraendo, almeno nelle bozze, i 170 milioni del Fondo finanziamento ordinario per le università.

A questo taglio si sommano:

  • 300 milioni del piano straordinario per il potenziamento dei ricercatori che erano aggiuntivi e ora sono compresi nel fondo ordinario;
  • nella quota base del fondo, da quest’anno sono ricompresi anche altri 120 milioni circa per pagare gli scatti di anzianità che sono quindi vincolati;
  • altri 400 milioni di spesa nel bilancio per adeguamento Istat degli stipendi dei professori universitari (come prevede la circolare del Mef). Persino la quota premiale diminuisce del 4%;

Il risultato è semplice, ma drastico: le università si troveranno con 590 milioni di risorse in meno e 400 milioni di spese in più, un buco di quasi UN MILIARDO di euro.

Le scuse del governo poi non reggono: si parte dal segnalare 950 milioni di euro accantonati nei bilanci delle università, che sono però accantonati per obblighi di legge ed impegni pluriennali o dall’individuare ulteriori fondi PNRR come “contraltare” ai tagli: ma quelle sono risorse che servono per progetti di crescita e sviluppo del paese che non possono essere usati per pagare gli stipendi.

 

LE RICHIESTE DEL PARTITO DEMOCRATICO

  1. Regione Lombardia si prenda le sue responsabilità sul diritto allo studio: non è più accettabile che paghino le università. Tra le risorse necessarie a sanare gli idonei non beneficiari e le risorse per coprire quanto oggi pagato ingiustamente dalle università e l’aumento della fascia ISEE al massimale, sono necessari circa 60 milioni di euro per il prossimo anno accademico. Vanno trovati immediatamente in un Bilancio che ha oltre un miliardo di euro di cassa;
  2. Il ritiro di tutti i tagli delle risorse regionali destinate a studentati, mense e servizi. Per tornare allo stanziamento pre-tagli e adeguare all’inflazione questa voce di finanziamento servono circa 7-8 milioni di euro. Sono risorse fondamentali per garantire gli studentati pubblici, anche per evitare che sempre di più lo studente vada in “concorrenza” agli affitti di lavoratrici e lavoratori nel mercato della casa;
  3. La cancellazione dei tagli a livello nazionale, che metterebbero in ginocchio le università;
  4. La revisione delle regole di spesa per i fondi PNRR sugli studentati, vincolando il finanziamento pubblico ad una quota ingente di stanze a canone calmierato o inserite nel sistema DSU e non privilegiando i privati.

Nota stampa Diritto allo Studio 22 luglio 2024

Milano, 22 luglio 2024

PD Regione Lombardia