Maratona sanità: a Milano insufficienti le case di comunità, cancellato ospedale San Paolo
Del tutto insufficienti ai bisogni di salute dei cittadini le Case di comunità previste a Milano e cancellato l’0spedale San Paolo. A lanciare l’allarme è la consigliera regionale del Pd Carmela Rozza, nel secondo giorno della maratona di tre settimane sulla legge di revisione del sistema sanitario lombardo, oggi in aula con il camice usato nei quattro mesi di volontariato da infermiera al Centro vaccinale delle Scintille.
“L’analisi epidemiologica condotta per stabilire il numero delle Case di comunità a Milano – afferma Rozza- è del tutto inadeguata. Ne sono previste una ogni 60 mila abitanti, mentre ne servirebbe una ogni 20 mila. Basti pensare che l’analisi si basa sul numero degli accessi agli ospedali per patologia. Un criterio del tutto insufficiente. Per i malati di diabete, ad esempio, per il Municipio 1 si fa riferimento a 661 accessi agli ospedali, un numero ridicolo se si considera che il diabete è una malattia iperdiffusa tra gli anziani e gli over 70 sono più di 17 mila. Lo stesso vale per il Municipio 2, dove si sono calcolati 1613 accessi ospedalieri per i diabetici a fronte di più di 25 mila ultrasettantenni”.
“Ma non solo – continua Rozza – non si è tenuto conto del numero degli anziani soli, a Milano le famiglie con un solo componente sono 333 mila, dei cittadini stranieri, che spesso necessitano di un supporto sociale e di una educazione sanitaria, e neppure dei bambini. Per non parlare dei consultori, compresi anch’essi nelle Case di Comunità che dovrebbero essere uno ogni 20 mila abitanti e invece sono uno ogni 60 mila, con buona pace dei bisogni delle donne che in molti momenti della vita devono essere accompagnate in un percorso di sostegno o di cura”.
“La programmazione delle Case di comunità – attacca Rozza- è delegata dalla legge di revisione della sanità alla giunta regionale che decide numero e collocazione con delibera. Su Milano la programmazione delle Case di comunità voluta da Fontana e Moratti non risponde in alcun modo ai bisogni dei cittadini. Basti pensare che essendone prevista una ogni 60 mila abitanti un anziano che vive al Giambellino dovrà andarsi a curare alla Barona. Non è rispettato in alcun modo il principio sancito dal PNNR di ‘prossimità. Qui di prossimità non c’è traccia. Curarsi per i milanesi sarà sempre più difficile, perché i servizi non solo non saranno più vicini ma saranno ridotti. Fontana e Moratti hanno scelto di sostituire le funzioni delle strutture non di potenziarle. Basti pensare che l’ospedale San Paolo, che ha una specialistica avanzata ed è sede universitaria, sarà trasformato in Casa di Comunità. Il risultato è che i milanesi perderanno un ospedale anziché guadagnare una struttura di medicina territoriale”.
“Un quadro pessimo- conclude Rozza- quello tracciato da Fontana e Moratti per le Case di comunità a Milano che certamente sarà del tutto simile, probabilmente anche peggiore, in altri territori della Regione. Anche considerando che oltre a non aver definito i bisogni a cui dovranno rispondere le strutture non si è in alcun modo data un’organizzazione adeguata ai professionisti della sanità che non sono stati seriamente interpellati nella stesura della legge. Sarebbe stato necessario istituire un dipartimento delle professioni per dare loro un riconoscimento a pieno titolo ma non è stato fatto nulla. Dopo aver dato l’anima nella pandemia (con 16 morti e 20 mila contagiati solo fra gli infermieri) si troveranno ancora una volta a lavorare senza direttive certe e senza una valorizzazione reale del loro ruolo”.
Milano, 11 novembre 2021