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Mentre il Russiagate della Lega getta un’ombra oscura su Salvini, c’è una figura centrale nella vicenda che tocca direttamente la Regione: Gianluca Savoini.

È lui il protagonista delle intercettazioni effettuate all’hotel Metropol di Mosca, mentre tratta con tre persone di identità ignota una transazione di carburante da una compagnia russa all’Eni, tramite intermediari. Nel passaggio di mano del carburante la Lega avrebbe guadagnato, in varie tranches mensili, 65 milioni di dollari che, spiega lo stesso Savoini, sarebbero stati utilizzati per la campagna elettorale delle europee, per sostenere gli interessi comuni della Lega e del governo russo di Vladimir Putin.

Savoini, che oggi tutti tentano di far passare come un personaggio marginale, quasi un millantatore, è di casa a Palazzo Pirelli: nel 2005, per volere della Lega, passa dalla Padania alla direzione della struttura stampa del Consiglio regionale, dove rimarrà fino al 2013. Dopo le elezioni regionali, il ruolo di direttore passa di mano e Savoini non viene rinnovato, ma non rimane a casa: la maggioranza di centrodestra, sempre su indicazione leghista, lo nomina componente del Corecom, il comitato regionale per le comunicazioni, di cui diventa vicepresidente.

Nel settembre 2018 viene rinnovato, sempre su indicazione leghista. Nel frattempo Savoini guida l’associazione culturale Lombardia-Russia, mediante la quale intesse rapporti con esponenti del partito di Putin, Russia Unita, e anche con l’ideologo del nazional bolscevismo russo Aleksandr Dugin, filosofo e politologo molto apprezzato nel mondo dell’estrema destra italiana.

Interessi geopolitici ed economici si intrecciano nelle relazioni tenute da Savoini con la Russia. Ed è un fatto che Savoini faccia parte delle delegazioni del vicepremier italiano Matteo Salvini a Mosca e che partecipi alla cena offerta dal governo italiano a Vladimir Putin, in occasione della sua visita di inizio luglio 2019.

Savoini, quindi, è fortemente sospettato di essere un ingranaggio di un sistema di relazioni tra la Lega e il governo russo, ostile agli interessi dell’Europa e del sistema di alleanze di cui l’Italia fa parte. In attesa che tutto si chiarisca è bene che il presidente Fontana gli chieda di lasciare l’incarico ufficiale in Regione, al Corecom. Lo chiede il Pd insieme alle altre forze di opposizione in Regione: i Lombardi Civici Europeisti, Più Europa e anche il Movimento Cinque Stelle.

PD Regione Lombardia