Roberta Vallacchi interviene sulle carceri, commentando il rapporto Antigone appena presentato
VALLACCHI (PD): “LE LEGGI PREVEDONO GIÀ PENE E LUOGHI ALTERNATIVI, MA VANNO APPLICATE ANCHE IN LOMBARDIA”
“Le carceri lombarde soffrono di un sovraffollamento di oltre il 140% e di problemi di manutenzione, in certi casi molto gravi. Ma per affrontare la prima questione le norme ci sono già, solo che devono essere applicate. E principalmente da Regione Lombardia: basterebbe iniziare ad attuare quanto previsto dal Dpr del 1990, che dà la possibilità, in base alla situazione, al reato e alla durata della condanna, di poter accedere alle pene alternative. In particolare, almeno la metà della popolazione carceraria è tossicodipendente e il 40% potrebbe avere accesso a strutture alternative al carcere, perciò alle comunità terapeutiche che devono però avere i posti e offrire percorsi adeguati. Ma in Lombardia i posti sono ampiamente insufficienti e le liste d’attesa sono molto lunghe. Servono poi strutture adeguate per i detenuti con problemi di salute mentale e per le madri con i figli. In trent’anni di governo lombardo del centrodestra di azioni se ne potevano fare”, lo dice Roberta Vallacchi, consigliera regionale del Pd, commentando il rapporto Antigone appena presentato.
“Invece, la situazione, in Lombardia, è che ancora adesso non ci sono i posti per accogliere i detenuti in pena alternativa, mentre, a livello nazionale, il Governo Meloni prima fa il decreto Caivano e poi quello Sicurezza, che aumenta reati e pene, è repressivo e liberticida e farà crescere la presenza delle persone in carcere anche solo perché hanno espresso il loro diritto di protestare. Quindi, per noi non servono più carceri, ma devono essere rispettati i diritti delle persone e deve essere realmente fatto un lavoro profondo di rieducazione e reinserimento sociale, come prevede la Costituzione. Basterebbe davvero fare quello che c’è scritto nelle leggi che già ci sono e non sono mai state attuate”, insiste la dem.
“Dopo di che, è ovvio che le carceri devono essere manutenute perché in pessime condizioni, in quanto attualmente molti di questi ambienti non sono salubri, ma spesso pieni di muffe e parassiti. Possono ammalarsi i carcerati e possono ammalarsi anche gli agenti di Polizia penitenziaria. Poi non ci stupiamo se non si trovano persone disposte a fare questo lavoro. E vale anche per i tanti e impegnati operatori che portano la loro professionalità dentro le carceri”, sottolinea Vallacchi.
“Chiediamo da tempo più progetti educativi e più rapporti con le aziende, perché lavorare, nei casi in cui viene valutato che sia possibile farlo, significa ridurre la recidiva. Non possiamo ignorare nemmeno che il 45% della popolazione carceraria è straniera e in molti casi non parla l’italiano. Servono mediatori, servono corsi di lingua, altrimenti non ci sarà reinserimento una volta scontata la pena e tornati in società, dove rischiano le recidive. Il percorso è lungo, ma è possibile risolvere molti di questi problemi facendo quello che è già previsto dalle normative”, conclude la consigliera Pd.
Milano, 30 maggio 2025