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Pessimi segnali in Regione Lombardia sul fronte della sanità territoriale, quella più vicina al cittadino e ai suoi problemi. In una sola settimana la vicepresidente Moratti è riuscita a far arrabbiare tutti i professionisti della sanità e parecchi sindaci, in un caso per un’uscita improvvida, una gaffe, e in un altro per una delibera vera e propria.

Il primo episodio riguarda i medici di base: durante un convegno del SIDMI (Società italiana per la direzione ed il management delle professioni infermieristiche), mercoledì mattina, ha dichiarato che in alcune ASST lombarde sarebbe già in sperimentazione una modalità che prevede che gli infermieri facciano “supporto e supplenza” dei medici di base, per ovviare in questo modo alla loro carenza.
La spericolata dichiarazione è rimasta ad aleggiare per una giornata intera, ma il giorno successivo è scoppiato il pandemonio. Pressoché unanimi le reazioni arrabbiate delle diverse categorie della sanità, tutte concordi nel dire che non è confondendo i ruoli e obbligando gli uni a fare il lavoro degli altri che si risolve il problema, grave, dell’assenza di medici di base. Anche il capogruppo Fabio Pizzul e il responsabile regionale sanità del Pd lombardo Gianni Girelli sono intervenuti duramente per dire che “non è possibile continuare a creare contrapposizioni e frizioni tra professioni” e per chiedere conto della sperimentazione annunciata da Moratti. “Abbiamo presentato una mozione che sarà in discussione martedì – ha aggiunto Girelli – dove parliamo proprio della multidisciplinarietà del sistema e della sinergia tra le varie professioni, perché la carenza di personale e le difficoltà da affrontare necessitano della massima razionalizzazione e di un utilizzo ottimale delle risorse”.

Dal canto suo, la consigliera Carmela Rozza ha ricordato come gli infermieri stessi siano in numero insufficiente e che un problema da risolvere sia la mancanza di riconoscimento del ruolo e di prospettive professionali, che può essere affrontata istituendo il Direttore Assistenziale a fianco del direttore sanitario nelle diverse strutture, come già avviene in Emilia-Romagna.

Nel pieno della bufera, Moratti ha tentato di spegnere l’incendio parlando di sperimentazioni limitate e brevi, ma insomma, se questa non è una gaffe pari a quando disse che andavano vaccinati prima i cittadini delle realtà più produttive del Paese, sul mondo della sanità l’impatto è stato comunque pesante.

Il secondo episodio riguarda le Case di Comunità, tassello fondamentale della ricostruzione della medicina territoriale. Dal Governo, grazie al PNRR, arrivano 212 milioni per le prime 216 strutture. L’elenco era contenuto in una delibera di aprile. Il problema è che a fine maggio Moratti ha prodotto una nuova delibera che ne taglia diciassette per mancanza di risorse. Strano, visto che la Regione Lombardia ne dovrebbe realizzare 505, integrando ai fondi nazionali proprie risorse. “A Fontana e Moratti le case di comunità interessano solo perché le paga il Governo, con i fondi europei del PNRR” attacca Samuele Astuti. “Loro non credono nella medicina territoriale e infatti in Lombardia di case di comunità non ce n’era nemmeno una e ora, grazie ai soldi europei, ne verranno realizzate circa 200, che sono meno della metà di quelle necessarie per dare un servizio compiuto ai cittadini. La Regione non ci mette nemmeno un euro, nonostante tutto quello che è successo nelle settimane tragiche del 2020 quando i cittadini non sapevano a chi rivolgersi perché la medicina territoriale era in tilt. Se si intende davvero rimettere in piedi la medicina territoriale in Lombardia serve un impegno diverso”.
Unico dato positivo è che Moratti ha annunciato che a breve emetterà bandi per 900 medici di base, garantendo loro spazi della Regione, soprattutto delle Aler, per facilitare l’insediamento nelle zone più complesse. Bene, questa è una proposta del PD, siamo lieti che la facciano propria, sperando che la applichino in modo efficace, ma questo lo vedremo presto.

RedazioneN7ggPd

PD Regione Lombardia