Conferenza stampa del Pd con Pierfrancesco Majorino, Carmela Rozza, Emilio Del Bono e Angelo Orsenigo, alla vigilia del voto sulla legge di iniziativa popolare sul Fine Vita
FINE VITA: GRUPPO REGIONALE PD, “FACCIAMO APPELLO AL CENTRODESTRA, SUL FINE VITA IL CONSIGLIO REGIONALE DEVE ASSUMERSI LA PROPRIA RESPONSABILITÀ”
“Facciamo un accorato appello perché domani si possa discutere nel merito della legge a partire da esigenze che ci sono in questa Regione e nel Paese”. Lo ha detto Pierfrancesco Majorino, capogruppo Pd in Consiglio regionale della Lombardia aprendo la conferenza stampa tenuta oggi a Palazzo Pirelli, alla vigilia del voto sulla legge di iniziativa popolare sul Fine Vita in merito alla quale il centrodestra si dichiara intenzionato a votare una pregiudiziale di costituzionalità, bocciandola ancor prima di entrare nel merito.
Come spiega Carmela Rozza, correlatrice del provvedimento, “la destra ha scelto la strada della pregiudiziale per evitare la discussione e nascondere le divisioni interne. Ha dimostrato così tutta la sua ipocrisia e la sua ignavia, piegandosi al diktat di Fratelli d’Italia. Che sia responsabilità e compito della Regione valutare e autorizzare la morte medicalmente assistita è dimostrato dai fatti. Proprio oggi a una persona malata è stato riconosciuto il diritto al suicidio assistito ma questo è accaduto, in assenza della legge, senza certezza di tempi e di modalità, il che pone a rischio di abusi i pazienti e non tutela il lavoro degli operatori sanitari”
Emilio Del Bono, vicepresidente del Consiglio regionale, sottolinea come il Pd non solo abbia preso sul serio la vicenda ma, a partire dalla sentenza della Consulta da cui tutto origina, sia entrato nel merito e abbia formulato una serie di proposte, sotto forma di emendamenti, per circoscrivere e descrivere con maggior dettaglio confini e modalità di attuazione. Le proposte sono state respinte in commissione, ma rimangono una base di partenza qualora la maggioranza accettasse di riaprire il dialogo.
“Stiamo trattando una materia che richiede cautela e delicatezza e così è stato il nostro approccio, pur partendo da visioni non sempre coincidenti – dice Del Bono -. Siamo di fronte a una sentenza della Corte che ha dato una definizione rigorosa, ha introdotto una libertà soggettiva all’autodeterminazione su come concludere la propria vita in presenza di condizioni chiare e definite, ovvero che la persona abbia una patologia irreversibile, sia affetta da sofferenze non compatibili con una dignitosa qualità della vita, sia dipendente dal sostegno vitale e sia pienamente capace si decidere. Da questo perimetro non si può esondare. Tuttavia la Consulta richiama anche a più riprese il principio fondamentale secondo cui la verifica delle condizioni e la somministrazione dei farmaci siano garantiti da una struttura pubblica del servizio sanitario nazionale. Anche, lo dice la Corte, perché occorre evitare abusi. È quindi evidente che il legislatore regionale ha l’obbligo di regolare queste modalità. Il PD ha fatto un lavoro serio, entrando nel merito. Abbiamo agito da legislatori, e abbiamo integrato proposta Coscioni con alcuni elementi: il riferimento alle cure palliative, ovvero la garanzia che alla persona siano state perlomeno proposte; abbiamo limitato la scelta ai soggetti maggiorenni; abbiamo introdotto la possibilità di esercitare l’obiezione di coscienza e abbiamo previsto termini temporali consoni ai passaggi previsti dalla legge. È dovere dei consiglieri regionali esercitare la propria responsabilità di legislatori e non rinunciare al confronto, come il centrodestra ha annunciato di voler fare. Bisogna ricordare che una legge la si approva per i suoi destinatari, non per il posizionamento politico dei partiti. Se dal centrodestra verrà un segnale di volontà, noi siamo disponibili anche a riprendere il percorso in commissione”.
Un segnale che non sembra arrivare, come spiega Angelo Orsenigo, vicepresidente della Commissione Affari istituzionali: “Il Centrodestra in commissione da subito ha deciso di non scegliere, di non affrontare il tema, mentre da parte nostra abbiamo cercato, attraverso una serrata discussione e con una serie di audizioni di far emergere le diverse sensibilità. Non potevamo, e lo dico da cattolico praticante, non assumerci la responsabilità di legiferare su un tema così fondamentale per l’essere umano come il fine vita e la sofferenza, su cui da tempo si interroga anche il mondo cattolico. Ricordo in merito la riflessione del cardinale Martini già nel 2007 intervenendo sul caso Welby, quando le sue parole aprirono un dibattito a livello internazionale con riflessioni sulla vita e sulla malattia. Di accanimento terapeutico Martini ne discusse già nel 1984 in un convegno denunciando un “indebito accanimento che non ammette l’aggettivazione di terapeutico”. Tutti insieme abbiamo portato avanti un lavoro di mediazione e presentato numerosi emendamenti alla proposta di legge. La destra si è astenuta su tutti, mettendo così la testa sotto la sabbia. Auspico che ci possa essere un ripensamento”.
Milano, 18 novembre 2024