Letizia Moratti ha sbattuto la porta e lo ha fatto un mese dopo che Fontana, teoricamente il suo capo, aveva detto che si era interrotto il rapporto di fiducia. Se ne è andata lei, con una critica profonda alla giunta leghista, definita lenta e incapace di rispondere ai bisogni dei lombardi, e implicitamente alla coalizione, ormai di destra-destra-centro, lontana da quel mondo conservatore e moderato che il centrodestra voleva rappresentare. Quel progetto politico, nato con Berlusconi e impersonato da Formigoni, Albertini, Moratti e molto altri, non esiste più, è esploso. Forse non è ancora chiara la portata di questo evento: a pochi giorni dall’insediamento del governo più di destra della storia repubblicana, nella culla del centrodestra si è aperta una spaccatura profonda che potrebbe presto o tardi condizionare tutto il sistema politico nazionale. Soprattutto, a brevissimo, avrà effetti sulla Lombardia.
Per la Regione, intanto, l’addio di Moratti è un colpo molto duro. La ormai ex vicepresidente arrivò all’incarico per la sanità in piena pandemia a inizio del 2021, quando l’inefficienza e l’inadeguatezza della giunta leghista era ormai conclamata, con il duo Fontana & Gallera bastonato dalle inchieste giornalistiche e ridicolizzato dai comici. Moratti è stato il colpo di reni del centrodestra, il tentativo di riportare la Regione in carreggiata. Lei lo sapeva e, di fatto, come condizione per tornare a ricoprire un ruolo pubblico, ha chiesto i pieni poteri: vicepresidenza e mano libera sulla catena di comando e sulle decisioni relative al Covid. Moratti è stata il commissario di Fontana, con un patto espresso, dice lei stessa, a succedergli a fine mandato. Ha governato da donna di centrodestra, pragmatica, conservatrice, difensora di un modello di sanità e di società che aveva avuto come interpreti principali i nomi detti sopra. Ha fatto una riforma della sanità che, nonostante il disastro in pandemia, riconferma il modello esistente. Moratti è la stessa che chiese di vaccinare prima la parte più produttiva del Paese, durante i mesi in cui, dobbiamo ricordarlo, il virus fiaccava, uccideva e terrorizzava in tutto il mondo. Tuttavia, grazie evidentemente al coordinamento del generale Figliuolo, la campagna vaccinale si è rimessa sui giusti binari anche in Lombardia e con ciò la Regione è uscita dal mirino delle critiche più dure. Oggi che lo scudo di Moratti, e anche del Governo Draghi, è caduto, la destra è nuda davanti ai cittadini lombardi. Fontana è di nuovo il presidente disarmato e disarmante del 2020, e in questo modo si vuole ricandidare a governare la Lombardia.
Dopo anni di pandemia e di palese fallimento del progetto di centrodestra, c’è ora una possibilità concreta di cambiare le cose in Lombardia, vincendo le elezioni di primavera. Ma occorre che tutti quelli che hanno fatto opposizione alla giunta Fontana capiscano la portata della sfida e trovino una piattaforma comune da sottoporre agli elettori. Bisogna essere all’altezza di questa sfida. Il PD c’è.
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