FINE VITA: FRATELLI D’ITALIA, LEGA E FORZA ITALIA AFFOSSANO LA LEGGE DI INIZIATIVA POPOLARE
IN COMMISSIONE VOTATA LA RELAZIONE DI MAGGIORANZA CHE AFFERMA LA NON COMPETENZA DELLA REGIONE
PD: “GRAVE ERRORE, TOCCA ALLE REGIONI DISCIPLINARE LA PROCEDURA MA LA DESTRA HA PREFERITO FARE COME PONZIO PILATO”
Le commissioni Affari istituzionali e Sanità del Consiglio regionale hanno votato questo pomeriggio a maggioranza lo stop alla legge di iniziativa popolare sul fine vita. Fratelli d’Italia, Lega e Forza Italia, con l’eccezione dell’ex assessore Giulio Gallera, hanno votato compattamente la relazione del presidente della seconda commissione Matteo Forte, che afferma l’incompetenza del Consiglio regionale sulla materia del fine vita, e quindi sul progetto di legge di iniziativa popolare presentato dall’associazione Luca Coscioni. Al contrario, la relazione di minoranza, votata da Pd, M5S, AVS, Patto civico, Lombardia Migliore e dal consigliere Gallera, ma bocciata dalla maggioranza, afferma la competenza della Regione sul dettato della legge, che riguarda non il diritto, già affermato da due sentenze della Consulta, ma la procedura sanitaria con cui persone in determinate condizioni di salute, possano accedere al suicidio medicalmente assistito. Una materia, questa, che attiene alle competenze regionali. In Aula, a metà novembre, il testo di legge approderà quindi con la richiesta di non passaggio alla discussione. Di fatto, la bocciatura.
Secondo Carmela Rozza, consigliera Pd e relatrice di minoranza del progetto di legge, “i lombardi devono sapere che il Partito Democratico si è fatto carico di unire tutte le varie sensibilità per arrivare ad approvare, anche apportando modifiche migliorative, la legge proposta dall’associazione Coscioni, mentre la destra ha preferito non decidere, mettere la testa sotto la sabbia e consegnare le persone che si trovano nelle gravissime condizioni di salute, irreversibili, come potrebbe accadere a ognuno di noi, di non poter accedere al diritto di autodeterminarsi verso il fine vita. È una scelta pilatesca, che smentisce anche il presidente Fontana che ha sostenuto che su questi temi deve valere la libertà di coscienza dei consiglieri. Per non rischiare di dividersi, hanno scelto di non entrare nel merito e di blindarsi.”
Secondo Emilio Del Bono, Pd, vicepresidente del Consiglio regionale, “la Regione Lombardia ha tutta la competenza necessaria, avendo in carico la gestione della sanità, per regolare quanto la Consulta ha definito in due diversi pronunciamenti. È la stessa Corte a stabilire che tocca al servizio sanitario nazionale garantire alle persone con condizioni molto ben definite e circoscritte di poter accedere al suicidio medicalmente assistito. Quindi tocca a chi gestisce la sanità, alle Regioni. Non ci sfugge la grande delicatezza di questo tema, sicuramente discusso anche in seno alla stessa Consulta, ed è anche per questo che abbiamo voluto provare a introdurre ulteriori garanzie, attraverso i nostri emendamenti, purtroppo respinti da una maggioranza che non ha voluto entrare nel merito di quanto affermato dalla Consulta. Vale la pena ricordare che nella nostra Regione ci sono stati già dieci casi di questo tipo, affrontati dagli stessi pazienti e dalle strutture sanitarie senza alcun quadro di riferimento.”
Gli emendamenti del Partito Democratico, tutti fermati dalla maggioranza, introducevano alcuni elementi, come la limitazione della procedura ai pazienti maggiorenni, la definizione della modalità per i medici di esercitare l’obiezione di coscienza, la definizione della procedura, ivi compresa la proposta al paziente della possibilità delle cure palliative e l’allargamento della commissione che deve verificare la sussistenza delle condizioni definite dalla Consulta, come l’irreversibilità della patologia e l’espressa volontà del paziente, ad altri soggetti competenti come un palliativista ed eventualmente il medico di medicina generale che ha in carico la persona.
Milano, 30 ottobre 2024