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BOCCI (PD): “DALLA GIUNTA FINALMENTE UN IMPEGNO A RIVEDERE IL CRITERIO DEI 5 ANNI DI RESIDENZA”

“Quel requisito dei 5 anni di residenza per fruire della Dote sport è iniquo, discriminante e anche illegittimo, ma grazie alle nostre costanti sollecitazioni qualcosa cambierà per un più equo accesso alla misura, perché abbiamo costantemente segnalato quanto fosse sbagliato sotto tutti i punti di vista”, lo dice Paola Bocci, consigliera regionale del Pd e capogruppo nella Commissione che si occupa di sport, dopo la risposta ricevuta, stamattina, in Aula, a una sua question time sul tema.
Il problema era già stato sollevato da Associazione per gli studi giuridici sull’immigrazione, Comunità di Sant’Egidio, Avvocati per niente e Cgil Lombardia che avevano inviato una lettera in proposito al presidente Fontana e all’assessora alla Famiglia Locatelli. Lo ha ribadito con l’interrogazione la consigliera Bocci: “Nell’atto chiedevo se sia intenzione della Giunta regionale promuovere una modifica della norma in atto, con il coinvolgimento del consiglio regionale, cioè come pensino di intervenire sul requisito del bando di Dote sport, che impone 5 anni di residenza di almeno uno dei due genitori, che appare in contrasto con la giurisprudenza costituzionale, sull’accesso alle prestazioni”, spiega la consigliera.

“Secondo il sottosegretario Rossi, che ha risposto alla mia interrogazione, è difficile intervenire ora perché il requisito risponde a una normativa in vigore, ovvero la legge regionale 26 del 2014. La novità però, arrivata dopo tante nostre sollecitazioni, è l’impegno dichiarato del sottosegretario allo Sport, anche a nome della Giunta, a interessare l’Avvocatura di Regione Lombardia per modificare il passaggio sulla residenza”, fa sapere soddisfatta Bocci.

La consigliera dem esprime, però, qualche riserva sulle considerazioni di Rossi, quando minimizza sulla consistenza del numero di esclusi: “Secondo Rossi, finora, nessuno si è lamentato, ma ammette che la limitazione colpisce anche famiglie italiane. Ed è proprio così: la discriminazione coinvolge i figli di infermieri, forze dell’ordine, insegnanti italiani che si spostano da altre regioni, ma magari sono in Lombardia da meno di 5 anni – sottolinea con forza Bocci –. Ora aspettiamo che l’impegno si trasformi in atto concreto, coinvolgendo anche il consiglio regionale, perché da troppo tempo resiste questa discriminazione illegittima che va sanata al più presto, per non lasciare indietro nessuno”.

Queste le richieste di Asgi, Cgil, Sant’Egidio e Avvocati per niente
Secondo il servizio antidiscriminazione dell’Asgi, Cgil, Sant’Egidio e Avvocati per niente “le sentenze n. 44 del 2020 e 9 del 2021 hanno affermato che i criteri di erogazione di una prestazione o servizio sociale che prescindano dalla considerazione del bisogno (e in particolare i criteri che valorizzano la residenza pregressa) sono incostituzionali per contrasto con l’art. 3 Cost., ai sensi del quale è «il pieno sviluppo della persona umana la bussola che deve orientare il legislatore sia nazionale che regionale» con la conseguenza che il precetto costituzionale «non tollera distinzioni basate su particolari tipologie di residenza» (così la sentenza n. 9). Inoltre, si evince che «Nel caso in esame, pur non venendo in questione il diritto allo studio, viene in questione un principio di analoga rilevanza, quale la tutela del minore: in proposito è appena il caso di ricordare che l’art. 2 della Convenzione Onu sui diritti del fanciullo (al quale la legislazione nazionale o regionale è tenuta a conformarsi ai sensi dell’art. 117, primo comma, Cost.) garantisce che il minore non subisca discriminazioni in relazione alla condizione dei genitori e dunque anche in relazione alla durata della residenza in un determinato luogo che, ovviamente, non dipende dal minore»”

Milano, 1 marzo 2022

👉 L’interrogazione e la risposta sul sito del Consiglio regionale

 

PD Regione Lombardia