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I tempi di attesa sono una piaga della sanità lombarda e la riforma appena varata, già da correggere, non affronta questo problema. Il nodo è ancora lo squilibrio tra sanità pubblica e sanità privata, con quest’ultima che cresce e prospera senza che né Fontana, né Moratti, né tutti quelli che li hanno preceduti vogliano disturbarla. Un caso è l’agenda unica di prenotazione, un fatto che dovrebbe essere meramente tecnico e che ha ricadute sulla vita di dieci milioni di lombardi. Il tema è questo: ogni ospedale, pubblico o privato convenzionato con la sanità regionale, ha agende proprie di disponibilità per esami e visite. Da tempo tutte le strutture pubbliche conferiscono le loro agende a una lista unica, in modo che il cittadino possa, o tramite call center della Regione o tramite sito internet, avere tutte le possibilità tra cui scegliere: per data, per vicinanza o per preferenza di questa o quella struttura. Le strutture private no, non conferiscono le loro agende, evidentemente perché preferiscono fidelizzare i pazienti. L’esito è il seguente: il cittadino deve fare più telefonate, con le relative attese, e spesso prende più appuntamenti e andrà a quello più consono alle sue attese, di norma quello più prossimo. Disdire gli altri appuntamenti sarebbe corretto, ma chi lo dice al cittadino, che ha passato ore a cercare di prenotare, che ora si deve rimettere in attesa per disdire? L’assenza dell’agenda unica ha anche un altro effetto distorsivo, che tutti chiamano gli stessi ospedali più grandi e più noti, pubblici e privati, e mentre le liste di alcuni si allungano a dismisura o vengono addirittura chiuse, quelle di altre strutture rimangono vuote. Ecco perché realizzare l’agenda unica sarebbe un modo concreto per tagliare i tempi di attesa e risolvere un problema ai cittadini. A patto di volerlo fare.
È di questa settimana l’ennesima delibera sull’argomento dell’assessorato al welfare. Si badi bene che la stessa Moratti aveva annunciato l’entrata in vigore dell’agenda unica a novembre scorso, cosa che non è accaduta. Di quella dead line non c’è più traccia e non ne viene nemmeno fissata una nuova. In compenso, vengono stanziate risorse per i privati per la conversione dei loro sistemi di prenotazione. Altre risorse, quindi, nonostante siano i privati stessi in difetto con la Regione, da cui dipende il grosso dei loro guadagni. “Non è un caso che i lombardi siano i cittadini italiani che spendono di più in sanità” dichiara il capodelegazione in commissione Sanità Samuele Astuti, secondo cui “l’incapacità della giunta Fontana-Moratti sta portando a liste d’attesa enormi, e tutto ciò mette in difficoltà soprattutto le persone meno abbienti”. Sono loro, infatti, a non avere l’alternativa della visita o esame a pagamento, che più soffrono il problema delle liste d’attesa e, in ultima analisi, ad essere più esposti ai rischi sanitari degli altri concittadini più benestanti.

RedazioneN7ggPD

PD Regione Lombardia