Il Pd chiede di discutere la riforma sanitaria in aula liberamente e in modo approfondito, senza i soliti limiti alla possibilità di intervenire per argomentare le proprie proposte. A farne richiesta formale nella conferenza dei capigruppo è stato, a inizio settimana, Fabio Pizzul, che si è avvalso della facoltà di ogni gruppo, a norma di regolamento, di avanzare questa domanda una sola volta in ogni legislatura. Questo significherà che, a differenza di quanto avviene normalmente, la discussione generale e dei singoli emendamenti non subirà limitazioni di tempo, e ogni emendamento potrà essere illustrato a dovere.
“La non-riforma di Fontana e Moratti – spiega Pizzul – non risolve i problemi esplosi con la pandemia e, soprattutto, non è uguale per tutti. Non lo è se abiti in un piccolo centro, se abiti in montagna, se abiti in periferia piuttosto che se abiti in centro città, e non lo è se non puoi attendere mesi per fare un esame diagnostico con il pubblico e se non hai i soldi per farlo, in brevissimo tempo, a pagamento”.
L’impostazione della sanità lombarda, tuttavia, rimane invariata, tutta incentrata sui grandi ospedali e debolissima sulla medicina territoriale. “Noi – sottolinea Pizzul – abbiamo una visione alternativa e chiediamo che se ne discuta approfonditamente in commissione e in Consiglio, a metà novembre. Su un tema così importante per la vita dei lombardi non ci può essere una fretta utile solo a blindare una maggioranza non del tutto convinta. Serve discutere liberamente e approfonditamente per il tempo necessario, che ci voglia una settima o un mese, e così faremo, per il bene dei cittadini.”
Per il Pd quella della sanità è una “non riforma” dunque, che comporta come uniche innovazioni quelle che provengono dall’Europa, con i fondi del PNRR, e dal Governo, con il piano che prevede le case e gli ospedali di comunità. Ma anche su queste la maggioranza fugge il confronto.
“Come è stato ammesso dalla stessa direzione welfare – sottolinea il capodelegazione del Pd in Commissione sanità Samuele Astuti – in molte aree della regione, tra cui il varesotto, non c’è stato un vero confronto con i sindaci sul progetto delle case di comunità. Ancora una volta il trattamento è stato disomogeneo. Noi invece siamo convinti che su un progetto che inciderà sulla vita dei lombardi per decenni ci debba essere un confronto ampio con tutti i territori.”
Proprio per questo il Pd ha presentato una mozione, discussa martedì scorso in consiglio, che chiedeva di istituire tavoli territoriali ad hoc, con le ATS, gli amministratori comunali e regionali, per garantire una reale condivisione delle scelte sulla collocazione delle case di comunità.
“La Lega e i suoi alleati – conclude Astuti – hanno bocciato il nostro documento. Ancora una volta, nonostante non perda occasione di sottolineare l’importanza delle autonome locali, la maggioranza di fatto preferisce accentrare le decisioni e sfuggire un reale confronto che sarebbe invece davvero necessario”.
Redazione N7ggPd