NOTA di Gianni Girelli
L’appuntamento del 21 marzo, giornata del ricordo di tutte le vittime innocenti di mafia, ci trova, ancora una volta, nell’impossibilità di ritrovarci nelle piazze a leggere insieme quell’interminabile lista di donne, uomini, ragazzi, uccisi. Erano magistrati, rappresentanti istituzionali, esponenti delle forze dell’ordine, imprenditori, sindacalisti, sacerdoti. Erano cittadini accomunati dall’amore per la libertà e la giustizia, convinzioni talmente forti da oltrepassare ogni paura, anche quella di perdere la vita. Sì la vita, perché è della loro esistenza, del loro vissuto che dobbiamo ricordarci. Frasi come “qualunque cosa succeda…” di Giorgio Ambrosoli, “me l’aspettavo” di don Pino Puglisi, “il vigliacco muore più volte al giorno, il coraggioso una volta sola…” di Giovanni Falcone, “testimoniando i valori in cui crediamo, in cui dobbiamo credere…” di Paolo Borsellino, hanno un unico significato: il richiamo alla consapevolezza del dovere e del diritto di cui ciascuno di noi é depositario.
Anche in questi giorni tristi, colpiti da questo imprevedibile nemico che è visibile solo attraverso la stanchezza, la sofferenza, la disperazione di tanti volti, non perdiamo il valore del ricordo di queste storie e chiediamoci cosa vuol dire, oggi, essere non solo formalmente riconoscenti, ma concretamente custodi del loro lascito. Non dobbiamo essere comparse, ma protagonisti della nostra vita, come donne e uomini capaci di distinguere il giusto dall’ingiusto, il bene dal male, l’amore dall’odio. Perché questo hanno fatto le vittime innocenti di mafia, hanno scelto da che parte stare, svolgendo il proprio compito, qualunque fosse, da cittadini che hanno il senso del dovere e lo sguardo alto, e rifuggendo dal più grave peccato del nostro tempo, quello di omissione, che porta a pensare che basti non fare, mentre é necessario fare, scegliere, assumersi le responsabilità, assaporare fino in fondo “l’intenso profumo della libertà”.
In territori come i nostri, dove sempre più spesso la presenza di capitale mafioso tenta di insinuarsi nel tessuto economico per poi condizionare quello sociale, la difficoltà di molte imprese rischia infatti di trasformarsi in una opportunità per le mafie, capaci di adattarsi e occuparsi con una facilità estrema degli scenari che cambiano. Nella tragedia del Covid è drammatico leggere dell’intromissione della criminalità nell’approvvigionamento dei vaccini, così come è terribile l’avanzata sempre più prepotente nella sanità.
E’ necessario far maturare una coscienza collettiva che si affianchi al lavoro straordinario di magistratura e forze dell’ordine. Perché solo la società, nel suo insieme, può svolgere quel compito di prevenzione assolutamente necessario, nel mondo della scuola, del lavoro, dell’impresa, delle professioni, dell’informazione, della cultura, dello sport, della chiesa, della quotidianità. Perché la storia delle vittime di mafia ha un’altra caratteristica comune, la solitudine. Prima furono abbandonati, non considerati, poi diventarono eroi, ma solo dopo le tragiche scomparse. I mafiosi sono pochi, ma forti. Perché i molti onesti dimenticano spesso di esserlo, guardando altrove, mostrandosi deboli.
Il 21 marzo di questo 2021 mi auguro diventi il momento della volontà di interpretare la ripresa a cui tutti saremo, speriamo presto, chiamati con uno spirito improntato alla voglia di legalità, giustizia, solidarietà libertà. Perché la vera lotta alle mafie nasce dal difendere ciò in cui si crede e che, come ci ricorda don Ciotti, é scritto nel Vangelo, é sancito nella nostra Costituzione, si chiama libertà, la nostra, quella della comunità in cui viviamo. Lo ricordi e rispetti la politica. Lo ricordino e vivano tutti i cittadini.
Gianni Girelli
Probiviro di Avviso Pubblico e Presidente della Commissione d’inchiesta emergenza Covid-19 della Regione Lombardia