“Il tema non è chiudere le Rsa, ma migliorarle, e farne un elemento di una filiera assistenziale agli anziani fragili che in Lombardia non si è mai completata. E l’occasione c’è: è la revisione della legge sul servizio sociosanitario lombardo, che deve partire subito. Se non ora, quando?”.
È la sintesi dell’intervento di Carlo Borghetti, consigliere regionale del Pd e vicepresidente dell’Aula, al convegno di stamattina, organizzato dallo Spi-Cgil e dal titolo ‘Rsa, conoscerle per rinnovarle’.
“La popolazione anziana fragile aumenta ed è destinata a crescere nel tempo, quindi è decisivo dare nuove risposte e segmentarle rispetto all’intensità sanitario-assistenziale necessaria, anche dentro le residenze – ha detto Borghetti –. Ma dobbiamo sapere che questo passaggio avverrà in un quadro che in Lombardia è di totale debolezza della sanità territoriale e della presa in carico dei cronici: la legge di riforma della sanità regionale, la 23 del 2015, ha solo peggiorato la situazione sul territorio. Ideare le Asst, ma senza dei veri Distretti, con l’assessorato unico del Welfare, ha portato a sottovalutare tutto il sociosanitario in questi anni, con carenze che si fanno sentire in modo ancora più acuto adesso in pandemia. E in tutto questo le Rsa sono state lasciate sole”.
Invece, nel progetto di Borghetti, le Rsa possono essere “il fulcro di una filiera di interventi che vanno dal domicilio all’hospice, passando dall’assistenza domiciliare alla badante, al centro diurno integrato per anziani, agli alloggi protetti. Per questo va sostenuta la filiera e vanno riconosciuti i caregiver, per i quali serve una legge subito, e vanno create nuove unità di offerta residenziale leggera, ma ragionando in base a una precisa analisi del bisogno, non certo realizzandole a caso”.
Sapendo, ha aggiunto il vicepresidente, che “in Lombardia manca il governo pubblico della rete dei servizi agli anziani non autosufficienti: l’Unità di valutazione geriatrica pubblica è un’idea, e serve per poter dire a ogni anziano non autosufficiente quale sia il suo bisogno assistenziale e poterlo così orientare al servizio più appropriato, anziché lasciarlo vagare alla sua ricerca”.
Attenzione poi alle disuguaglianze: stessa retta per chi ha redditi ben diversi e molti non possono permettersi una Rsa, mentre la Regione non copre i costi sanitari di sua competenza, come previsto dai Lea, che vengono fatti ricadere sugli ospiti. Vanno aggiornati gli standard strutturali e quelli gestionali, servono protocolli con le Asst a sostegno delle Rsa e serve un rinnovato rapporto tra Rsa e famigliari con l’istituzione del Consiglio dei parenti, per migliorare anche la comunicazione. La vaccinazione dei parenti, tra l’altro, deve a breve far ripartire le visite in sicurezza.
C’è poi tutto il discorso riferito al personale che “va formato anche per le epidemie e assunto con un giusto stipendio, evitando un turn over continuo, deleterio per la qualità del servizio”.
Per questo comparto, infine, servono più risorse dalla Regione (ferme da anni al 10% della spesa sanitaria), ma anche da parte del Governo, tenendo conto che “il Recovery Plan è una straordinaria occasione per rilanciare non solo la sanità territoriale, ma anche tutti i servizi sociosanitari”, conclude Borghetti.
👉 qui il video della diretta sulla pagina Facebook dello Spi Cgil Lombardia
Milano, 15 marzo 2021