Roberta Vallacchi, consigliera regionale del Pd, di fronte alle notizie sconfortanti sulla carenza di medici di base nel territorio lodigiano.
VALLACCHI (PD): “TANTI PROBLEMI, PAGA NON ADEGUATA. E LE CASE DI COMUNITÀ NON SEMPRE SONO LA SOLUZIONE”
“L’allarme lanciato dall’analisi del Sole 24 Ore che ha dimostrato come la nostra provincia sia tra le peggiori, con un indice di un medico di famiglia ogni 1.700 abitanti, ci deve far riflettere, perché per poter risolvere il problema e rendere attrattiva la professione ci vogliono precisi interventi”, lo dice Roberta Vallacchi, consigliera regionale del Pd, di fronte alle notizie sconfortanti sulla carenza di medici di medicina generale nel territorio lodigiano.
“Quelli che sono in servizio sono i primi a lamentarsi dei problemi della categoria, giustamente. Ad esempio, fanno presente che bisogna innanzitutto far funzionare i sistemi informatici: se il Siss di Regione Lombardia, cioè il portale su cui loro lavorano, è spesso e volentieri bloccato, questi professionisti rimangono fermi. E questo è solo un esempio. In questa situazione, finisce che sono oberati di burocrazia e avrebbero bisogno di un supporto amministrativo, ma non tutti possono permettersi di condividere con altri colleghi una segreteria comune. Dipende da dove hanno lo studio, da quanti sono, se esercitano in più di un piccolo paese dove non è possibile dar vita a un poliambulatorio”, continua la dem.
“Se poi, come è successo a Lodi, si fanno i bandi con cifre non adeguate, il rischio è che vadano deserti e il problema non si risolve. Se vogliamo attrarre professionisti, l’aspetto economico deve essere adeguato e vanno previsti incentivi per le situazioni più disagiate. Ma fin dall’inizio: la borsa di studio per i medici di base è molto minore rispetto a quella delle altre specialità e andrebbe parificata. Inoltre, il corso per i medici di medicina generale non viene riconosciuto come specialità e invece andrebbe reso tale. In questo momento, poi, per i nuovi medici siamo in una fase di transizione tra vecchio e nuovo inquadramento, che crea confusione e a maggior ragione non invita a intraprendere questa strada”, fa sapere Vallacchi.
“Altro tema caldo per i medici di medicina generale, sono le Case di comunità. Serviranno al territorio, potranno essere spesso una valida alternativa all’ospedale, in alcune zone potranno anche essere il luogo ideale per creare quei poliambulatori che molti di loro attendono. Ma non possono sostituire il medico di famiglia del piccolo paese: altrimenti chi porta gli anziani alle Case di comunità, magari situate a chilometri dalla loro abitazione e senza che vi sia un adeguato servizio di trasporto pubblico? Molti di questi cittadini si troverebbero nella situazione di non poter più andare dal medico”, ragiona la consigliera Pd.
“Infine, va affrontata la questione dell’appropriatezza. È giusto che ci sia una sorta di consulenza tra medici di base e specialisti del servizio pubblico. E questa è una strada da percorrere. Il punto è trovare un equilibrio tra appropriatezza delle prescrizioni e la possibilità reale di effettuarle, perché con le liste d’attesa impossibili che ci sono in Lombardia, si viene spinti verso il privato. Per converso, i medici di base si trovano nella condizione di dover prescrivere un numero elevato di esami e visite richiesti dai colleghi del privato, e non possono fare altrimenti. D’altra parte, non sono certo i Nas la soluzione, come ha pensato l’assessorato al Welfare. Serve un giusto equilibrio tra la necessità di approfondimento diagnostico, i tempi di attesa che richiedono agende condivise anche con il privato, rispetto dei principi dell’appropriatezza. Ma mandare i carabinieri a controllare cosa fa un medico di famiglia nel suo ambulatorio, significa spopolare ancora di più i concorsi che già così vanno deserti”, conclude Vallacchi.
Milano, 20 maggio 2025