Skip to main content

Egregio direttore,

dal 10 di novembre il Consiglio regionale discuterà la riforma della sanità lombarda. Anticipo subito: è una legge che non ci piace. Il presidente della Regione Fontana e la sua vice Letizia Moratti avrebbero potuto, anzi, dovuto cambiare l’impianto attuale, nato nel 2015 con l’allora presidente Maroni, che già aveva il torto di non correggere le storture della precedente era Formigoni. Nessuno mette in dubbio che in Lombardia gli ospedali funzionino e, di norma, lo facciano anche bene. Abbiamo grandissimi professionisti e poli di eccellenza, che sono messi semmai in difficoltà dalla mancanza di turnover, dal poco personale, che comporta turni gravosi, non di rado insostenibili. E non è questo l’unico problema. Chi può dimenticare la scoperta tragica dell’assenza della medicina territoriale durante i mesi più bui della pandemia? Quanti malati senza risposte! E chi non ha esperienza della difficoltà a conquistarsi una visita o un esame diagnostico nel servizio sanitario pubblico? Problema che svanisce se si è disposti a pagare la prestazione privatamente: un’ingiustizia a cui ci siamo quasi assuefatti. E che cosa accade quando abbiamo un’urgenza e siamo costretti ad andare in Pronto soccorso, sapendo già che attenderemo ore prima di poter essere visitati?

L’eccellenza della sanità lombarda svanisce di fronte a questi problemi, che hanno origine in una visione del servizio sanitario pubblico tutto concentrato sugli ospedali, squilibrato nel rapporto tra pubblico e privato, mal distribuito su territorio. E la nuova riforma? Fontana e Moratti hanno dovuto introdurre elementi molto positivi, perché obbligati dal governo e allettati dai fondi europei. Si tratta delle “case” e “ospedali” di comunità: luoghi dove il cittadino può trovare tutte le cure primarie e di routine, a partire dal medico di base e dallo specialista. Ma occorre che chi governa ci creda, altrimenti si tratterà solo di un cambio di insegna sulla porta d’ingresso e a uno spostamento di personale da una parte all’altra. E per quanto riguarda la sanità privata, a cui oggi la Regione dà ingenti risorse senza imporre la propria programmazione, la nuova riforma riesce ad essere ancora più generosa, stabilendo per la prima volta l’equivalenza con la sanità pubblica.

Una riforma del genere è sbagliata e non risolve i problemi di salute dei cittadini. Il Pd ha una visione diversa: grande attenzione alla medicina territoriale e alla prevenzione; la semplificazione delle procedure per il cittadino, la valorizzazione del comparto sociosanitario e la ridefinizione del rapporto con il privato, che deve rispondere alla programmazione dei servizi da parte della Regione, integrando ciò che manca sul territorio. Spiegheremo tutto questo con una maratona di interventi, che ci vedrà impegnati in Consiglio regionale per diversi giorni a partire da mercoledì 10. Abbiamo centinaia di emendamenti di merito e li illustreremo tutti, anche se ci vorranno settimane. Porteremo in Aula la voce dei cittadini che in queste ore ci stanno segnalando le loro storie. Ma non ci facciamo grandi illusioni: il servizio sanitario lombardo cambierà davvero solo quando cambierà chi guida la Regione.

Gianni Girelli
Presidente Commissione d’Inchiesta Covid19 di Regione Lombardia

 

Milano, 9 novembre 2021

PD Regione Lombardia