La seconda conferenza regionale “La salute è un diritto”
📌PANEL 1 – Presentazione e saluti istituzionali di Pierfrancesco Majorino, Carlo Borghetti, Emilio Del Bono, Alessandro Capelli; Ricostruire il Servizio sanitario; Tutela della salute: da diritto per tutti a privilegio per pochi? Il diritto alla salute tra priorità, risorse e liste d’attesa. Interventi di: Silvio Garattini, Nino Cartabellotta, Lamberto Bartolè, Maria Grazia Campese, Marina Sereni, Silvia Roggiani ed Elly Schlein – ▶️ Video del panel
Majorino: “La Lombardia ha bisogno di ricostruire il proprio servizio sanitario”
Pierfrancesco Majorino, capogruppo Pd in Consiglio regionale della Lombardia, ha aperto venerdì mattina la seconda conferenza regionale del Partito Democratico sulla sanità.
“La Lombardia ha bisogno di ricostruire il proprio servizio sanitario adeguandolo alle necessità e mettendo al centro un principio, che “la Salute è un Diritto”. È una grande questione pubblica, perfino al di là della natura dei soggetti erogatori. Lo sosteniamo con grande determinazione e orgoglio, ovviamente dal punto di vista di chi è all’opposizione a livello regionale, convinti però che questo debba essere il nostro contributo, di chi vuole lottare per cambiare sul piano delle idee e delle proposte, dei progetti, e di chi vuole contribuire proprio attraverso un’azione di stimolo e di mobilitazione di energie per rimettere al centro il valore che poi portò nel 1978 a quella grande riforma tanto inattuata che ha portato all’istituzione del servizio sanitario nazionale. Il problema è che la giunta regionale è palesemente inadeguata”.
“Lo scorso anno concludemmo la conferenza dedicando le nostre mobilitazioni e la nostra attenzione al grande lavoro che portò all’istituzione del servizio sanitario nazionale, e la definimmo operazione Tina Anselmi, perché era giusto ricordare la straordinaria azione portata avanti da una classe dirigente che raccoglieva una domanda nella società molto significativa. Queste due giornate sono quindi quelle della riflessione e della proposta, sapendo che poi, tra una settimana, in Consiglio regionale, avvieremo il confronto nell’istituzione regionale sulla legge d’iniziativa popolare che è stata sostenuta da oltre 100.000 cittadine e cittadini lombardi”.
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Borghetti: “La Lombardia sta andando indietro. Ora serve ripartire dalle fondamenta”
È intervenuto in apertura anche Carlo Borghetti, capodelegazione dem in commissione Sanità:
“Tutte le segnalazioni ricevute nell’ultimo anno sul nostro link la Salute non si scherza ci raccontano che il servizio sanitario lombardo non è migliorato. E non andare avanti, come dicevano i monaci nel Medio evo, significa andare indietro. Gli aspetti negativi del servizio sanitario sono ormai cronici e il ministero della Salute l’ha certificato, ponendo la Lombardia al settimo posto tra le regioni italiane per i Lea (Livelli essenziali di assistenza). Di fronte a questo Fontana non ha trovato di meglio che ribattere, con una reazione imbarazzata e scomposta, che la stampa estera invece ci premia per l’eccellenza degli ospedali, che è sicuramente reale, ma ribattere così significa avere una visione totalmente ospedalocentrica. Il problema in Lombardia è proprio questo, la mancanza di una sanità territoriale: la salute non si garantisce solo con gli ospedali, ma con tutto ciò che sta prima e dopo, la prevenzione e la cura post acuzie. Per questo abbiamo presentato un progetto di legge popolare che si basa su quattro punti fondamentali: l’universalità del servizio, la prevenzione, i servizi territoriali e il governo del rapporto fra pubblico e privato, che deve essere basato sul principio di sussidiarietà e non di equivalenza, come accade oggi. Chi riceve fondi dalla Regione deve fornire i servizi che servono al pubblico. Non può essere diversamente.
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Del Bono: “È nostra la responsabilità di restituire ai cittadini il diritto fondamentale alla salute”
Per il vicepresidente del Consiglio regionale Emilio Del Bono è nostra la responsabilità di restituire ai cittadini il diritto fondamentale alla salute: “Due anni fa l’assessore Bertolaso definì il sistema sanitario lombardo disorganizzato e diseconomico. Ci sembrarono parole ben auguranti, perché presupponevano un’ analisi critica e di conseguenza parevano poter essere il preludio a un serio confronto. In realtà, da allora, non è cambiato nulla. Basti pensare che il Centro unico di prenotazione, che doveva essere attivo dal 2009, non lo è ancora o che ci sono risorse stanziate per gli ospedali ancor prima del Pnrr, non ancora utilizzate. In questo quadro noi sentiamo la responsabilità di elaborare proposte, di fare il lavoro che altri non hanno fatto e non stanno facendo. Un lavoro che deve passare da un’ onesta analisi critica. Si deve mettere mano al nostro sistema sanitario che deve riporre al centro la prevenzione e la medicina di territorio. Bisogna mettere in campo un nuovo patto civile che garantisca il diritto alla salute, definito dai nostri padri costituenti fondamentale”.
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Capelli: diritto alla salute per la cittadinanza del futuro
Per Alessandro Capelli, segretario Pd Milano Metropolitana, il diritto alla salute è un elemento fondamentale della cittadinanza del futuro, proprio in un momento in cui i diritti di cittadinanza sono messi in discussione e dunque se noi abbiamo chiaro per cosa ci battiamo qual è il problema? Il problema sta nell’egemonia delle parole che utilizziamo, perché siamo convinti che la salute sia un servizio e non un diritto e quindi prevale, come per la casa, la logica di mercato, un inghippo culturale profondissimo che dura da trent’anni e che la sinistra deve capire come affrontare, sicuramente ricostruendo relazioni e insistendo con le battaglie. Il Pd di Milano sta aprendo in tutti i suoi circoli dell’area metropolitana uno sportello salute, in connessione con le altre reti del Terzo settore. ▶️ Il video dell’intervento
Garattini: Ricostruire il servizio sanitario. Anche in Lombardia.
Il presidente dell’istituto Mario Negri, il professore Silvio Garattini, ha ricordato quanto nel nostro paese, ai primi posti per longevità, ci sia un gap notevole tra la durata della vita e la durata della vita sana, per cui precipitiamo al 15esimo posto. Statisticamente, dopo i 65 anni inizia un periodo di vita pieno di malattie. Come mai?
Il sistema sanitario nazionale si è occupato troppo delle cure e la medicina è diventata un grande mercato che tende a vendere qualsiasi cosa possa essere utile alla salute. Si approvano nuovi farmaci senza specificare le relazioni con i farmaci già in commercio e questa è una delle ragioni per cui il nostro SSN si trova a spendere 25mld all’anno quando sarebbe molto- più facile risparmiare. E per vendere più farmaci si abbassano anche i livelli di normalità dei valori, come, per esempio, il colesterolo e la glicemia, cioè dei fattori di rischio e non delle patologie vere e proprie. E come si studiano i nuovi farmaci? Si sperimentano nei soggetti maschi adulti e non negli anziani e nei bambini o nelle donne. Queste sono però informazioni che non sono divulgate, perché non esiste una informazione libera e indipendente ma quella che esiste è costretta a sottostare alle regole di mercato.
I congressi sono sponsorizzati dalle industrie farmaceutiche e chi vende non ci dice che la maggior parte delle malattie è autodeterminata da noi ed è evitabile, come il diabete, il 40% dei tumori e le 27 malattie causate dal fumo.
Con una vera prevenzione, le lunghissime liste d’attesa non sarebbero certamente tali ed è per questo, per cambiare davvero il servizio sanitario, c’è bisogno di una vera rivoluzione culturale che rimetta al centro la prevenzione anziché la cura.
Garattini conclude il suo intervento lanciando due proposte: istituire una scuola superiore di sanità, dove formare i dirigenti e inserire l’insegnamento della salute, a partire dalle scuole dell’infanzia.
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Bartolè: superare il dualismo tra salute e sociale.
L’assessore alle politiche sociali del Comune di Milano Lamberto Bertolè, presidente nazionale della rete Città sane sulle politiche riguardanti la politica della salute e reduce dal forum sul Welfare appena concluso, ha posto quattro questioni fondamentali: la questione demografica con l’invecchiamento della popolazione, l’aumento delle disuguaglianze, il superamento del dualismo tra salute e sociale…
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Cartabellotta: Tutela della salute: da diritto per tutti a privilegio per pochi?
Per Nino Cartabellotta, presidente della Fondazione Gimbe, il servizio sanitario nazionale, come pure quello regionale, deve garantire un diritto, non semplicemente erogare prestazioni. L’articolo 32 della Costituzione riconosceva questo diritto, ma oggi siamo in una fase di involuzione, per cui il Ssn punta tutto sulle liste d’attesa e ha perso la capacità di prendersi in carico il paziente. La presa in carico era il cuore di quell’articolo della Costituzione. Questa situazione ha spinto sempre più i cittadini verso il privato o addirittura a rinunciare alle cure, ma la salute non può essere un privilegio per pochi.
Gimbe per prima, nel 2013, si è accorta che si rischiava di perdere il Ssn: la metafora usata da Cartabellotta è quella del lento, inesorabile scioglimento dei ghiacciai. Oggi il ghiacciaio è scivolato a valle.
A chi dà la colpa il cittadino? Storicamente, quando qualcosa non funziona, al Governo. Poi anche alla Regione e molti agli enti locali, ma oggi siamo arrivati al pericoloso paradosso che dà la colpa all’operatore sanitario che si trova di fronte quando approccia al servizio e il risultato sono le tante aggressioni. D’altra parte, come si fa a esigere la salute se non esiste un servizio pubblico che prende in carico?
Nelle sue📍slide Cartabellotta ha mostrato che il fenomeno sempre più preoccupante è quello dell’impoverimento dei cittadini con una conseguente rinuncia alle cure, appunto. Quindi la negazione dei contenuti dell’articolo 32. Viene così sovvertito il principio costituzionale.
Ma è anche vero che, guardando il fondo sanitario, cioè la quota di denaro pubblico che ogni anno lo Stato mette sul piatto e ripartisce tra le Regioni per la sanità, tutti i governi hanno ridotto gli investimenti. Forse perché governi di ogni colore hanno preferito prevedere e distribuire misure di sussidio individuale.
Si è arrivati così a una spesa privata di oltre 40 miliardi e quella intermediata dai fondi sanitari è minima. Purtroppo, le persone limitano molto le spese sanitarie, stando così le cose, o rinuncia, ma se tutti potessero spendere, sarebbero 50-60 miliardi.
In tutto questo, la voce meno finanziata in questo generale calo della spesa è la prevenzione.
Tutto ciò ci ha fatto scendere nelle classifiche dell’Ocse, posizionandoci tra i primi dei Paesi poveri.
Per quanto riguarda gli adempimenti dei Lea, se il Paese è spaccato in due, e la vecchia linea gotica fa da discrimine, la Lombardia, con i vecchi criteri, occupa una buona posizione, non al primo posto, ma sta sulla parte alta.
Con i nuovi criteri, ha aumentato la prevenzione, è stabile nell’ospedaliero, ma esce male sul territoriale e distrettuale.
La conseguenza sul Paese di tutte queste diseguaglianze è l’impatto che hanno sulla mobilità sanitaria: la Lombardia è la prima ad attrarre pazienti da fuori, ma ne perde un numero fin troppo alto. Questo dice che alcune politiche sanitarie regionali hanno influenzato anche la mobilità sanitaria.
Infine, un ritratto della situazione degli operatori sanitari. Con i tagli il capitale umano del Ssn è stato oggettivamente indebolito. La pandemia (prima eroi, poi quasi colpevoli) ha fatto il resto. Il personale se ne va, in pensione, all’estero ecc. c’è una disaffezione per il servizio pubblico e una fuga verso il privato.
Oggi mancano infermieri, non c’è un serbatoio. E dei medici non c’è una mancanza, ma un allontanamento. Soprattutto ai giovani non interessa la medicina d’urgenza, specialità che non vogliono più fare.
La Lombardia è in cima alla lista delle regioni con carenza di medici, ma soprattutto non richiedono le borse in medicina generale e d’urgenza, praticamente la metà delle borse per le medicina generale non le ha volute nessuno.
Per Cartabellotta oggi ci sono due opportunità: o si rilancia il Ssn o si dice al cittadino di scegliere un’altra strada. Come Gimbe il suggerimento è stato di programmare e pianificare un rilancio attraverso prevenzione e promozione della salute, personale sanitario, servizi sanitari e sociosanitari, ricerca indipendente, informazione alla popolazione, finanziamento pubblico…
Gimbe è per un rifinanziamento progressivo, ma accompagnato da riforme, altrimenti rischia di fallire. E ovviamente il ruolo chiave è della politica che deve decidere quale servizio sanitario vuole lasciare alle future generazioni. ▶️Qui il video del suo intervento
Il diritto alla salute tra priorità, risorse e liste d’attesa
Maria Grazia Campese, vicepresidente Confcooperative Federsolidarietà Lombardia, ha portato un punto di vista peculiare che è quello dei cooperatori, per i quali la rinuncia alle cure è una esperienza quotidiana, in quanto l’iniquità del nostro sistema va a colpire implacabilmente le fasce piu vulnerabili della popolazione. Non è solo un tema di risorse, i paradigmi sono decisivi, il modello lombardo si è spostato sul privato lucrativo, riguarda non solo fragilità conclamata, ma anche la fascia grigia. Noi ci troviamo di fronte a un modello che ha investito pochissimo in prevenzione e se l’assistenza sanitaria continuerà a essere interpretata come una moltitudine di prestazioni messe sul mercato, anche l’aumento di risorse rischierà di aumentare le diseguaglianze e questo non possiamo permettercelo, perché genera un disastro non solo economico, ma anche sociale. Quali sono le priorità orientano le scelte di sistema? Le politiche di espansione non hanno aiutato certo e se anche le priorità che orientano lo smaltimento delle liste d’attesa sono orientate dal profitto sarà impossibile uscire dal circolo vizioso. Un altro tema con cui fare i conti è costituito dal fatto che le prestazioni più remunerative sono svolte dal privato, mentre quelle piu complesse sono lasciate al pubblico, sistema duale in cui la possibilità della cura è sempre più dipendente dalle possibilità economiche. Ma la sanità è un bene pubblico universale e non privato.
Bisogna investire sul welfare e sull’integrazione sociosanitaria e il ruolo del terzo settore è decisivo. La cooperazione in Lombardia segue un milione di persone, non significa questo ‘prossimità’? Il terzo settore deve essere valorizzato e diventare fondamentale, non non complementare. ▶️ Il video del suo intervento
Per Marina Sereni, responsabile nazionale Pd Sanità e salute, le risorse non sono tutto, ma sono molto importanti e ha concentrato la prima parte del suo intervento sulle possibili modalità di rifinanziare la sanità pubblica. Dalla fiscalità generale alla riconversione delle spese pubbliche, come, per esempio, i sussidi ambientalmente dannosi o le spese pubbliche meno meritevoli, penalizzando, per esempio, con una sorta di tassa sulla prevenzione, i consumi non positivi per la salute (tabacco, alcol, merendine); dalla riduzione e lotta agli sprechi, attraverso l’appropriatezza delle prestazioni e uscendo dalla logica di mercato. Riprendendo l’intervento del prof. Garattini, ha ribadito l’importanza della prevenzione come punto di partenza e di una campagna di informazione indipendente sui farmaci. Il secondo pezzo della rivoluzione riguarda il territorio e la prossimità: bisogna entrare nel merito di questa rivoluzione, le case di comunità cominciano ad andare in porto e dobbiamo sperare di non perdere nulla dei 20 miliardi del Pnrr. Il consenso politico deve superare l’immediatezza della decisione ed è fondamentale capire come coinvolgere i medici e gestire il loro rapporto con questa nuova rete di servizi. Bisogna coinvolgere operatori, professionisti, terzo settore, enti locali e cittadini, anche loro devono essere protagonisti di questa rivoluzione. ▶️ Il video del suo intervento
Silvia Roggiani, segretaria regionale Pd Lombardia, anello di congiunzione tra Lombardia e Parlamento, ha annunciato e raccontato la mobilitazione dei circoli sui territori che inizierà il 21 marzo a Pavia e terminerà nel mese di maggio, toccando tutte le province lombarde.
Perché è così importante questa battaglia? Perché non solo la sanità riguarda piu dell’80% del bilancio della nostra Regione, ma soprattutto perché riguarda nel profondo la vita delle persone e ha a che fare con l’idea di mondo che noi vogliamo immaginare e che abbiamo costruito.
E concordando con il presidente Fontana, il quale ha dichiarato che “è da imbecilli speculare sulla sanità”, Roggiani ricorda che in Parlamento è stato votato un emendamento che taglia del 50% il contributo dello stato alle Rsa, portandolo al 75% per i malati di Alzheimer. E questo in un momento in cui la non autosufficienza è diventata uno dei temi fondamentali, essendo i pazienti non autosufficienti sempre di più.
Ha poi ricordato i mille euro sbandierati dal governo e destinati agli anziani non autosufficienti, altro che speculazione: essendo necessario un Isee inferiore a 6mila euro, su una platea di 3milioni, i beneficiari sono risultati solo 25mila.
E sul contrasto ai disturbi alimentari? Questo governo ha fatto ben tre cose: ha tagliato i fondi, ha deciso di non fare i decreti attuativi e ha deciso che quello che scrive nei Lea poi non sarà garantito. Per non parlare del teatrino sul fine vita andato in scena in regione Lombardia.
Solo tanta speculazione e nessuna voglia di occuparsi dei temi veri, ma i diritti delle persone passano dalla cura e se vogliamo essere una regione che davvero guida l’Italia dobbiamo passare proprio da qui e nella nostra idea di mondo non ci puo essere qualcuno in difficolta perché non può permetterselo. ▶️ Il video del suo intervento
La segretaria nazionale del Pd, Elly Schlein, ha sottolineato ancora una volta quanto i tagli del governo abbiano fatto male alla sanità, la spesa sanitaria, nonostante gli annunci, è scesa ai minimi storici e dunque è importante continuare a insistere con la nostra battaglia che stiamo combattendo a tutti i livelli, contro i tagli e contro la privatizzazione, perché ogni strumento deve coinvolgere la cittadinanza sul bene comune.
Il governo continua a negare la realtà del disinvestimento, ma i dati parlano chiaro e lo abbiamo sentito bene anche oggi, oltre 4 milioni di persone rinuncia alle cure.
Avevamo detto mai più disinvestire e invece non abbiamo compreso la lezione amara della pandemia.
Necessità di rafforzare la sanità territoriale, le case di comunità, non solo risorse, ma anche idee.
Bisogna dare piena attuazione al dm 67, rafforzando davvero la sanità territoriale, non basta chiamarle case di comunità, ma serve una formazione di squadre multidisciplinari, perché il bisogno di cura, così come il bisogno abitativo sono bisogni che si parlano e interagiscono. Sono davvero tante le fragilità.
Sono ancora troppe le famiglie che non sanno a chi rivolgersi, servono risposte nuove, serve un approccio innovativo,di fronte ai bisogni che stanno cambiando. Noi non possiamo accettare che la tua possibilità di curarti dipenda dal luogo in cui nasci e vivi. Bisogna superare questa grave ingiustizia che mina l’articolo 3 della nostra Costituzione.
Riuscire a curare anche chi non ce la fa continua a essere il nostro primario obiettivo. ▶️ Il video dell’intervento