Gianluca Savoini non intende lasciare il Corecom. Lo ha dichiarato al quotidiano Libero, l’unico a cui abbia risposto, dopo il voto con cui il Consiglio regionale, a scrutinio segreto, gli ha tolto quella fiducia che gli aveva dato nel 2013 e poi nel 2018. Eppure, la vicepresidenza del Comitato regionale per le comunicazioni non è una di quelle poltrone particolarmente prestigiose, nemmeno per l’ammontare dell’indennità. Un ufficio al Pirellone, una segreteria, il posto auto, qualche circostanziata missione. Ma forse sono le competenze del Corecom ad essere particolarmente interessanti, a partire dalle deleghe dell’Agenzia di garanzia per le comunicazioni, che veglia sulla pluralità e libertà dell’informazione. Occorre dire che il Corecom lombardo, almeno nella sua proiezione pubblica, non sembra influenzato dalle posizioni filorusse di Savoini, tanto che l’ultimo webinar pubblico, tenuto dall’ente pochi giorni fa, aveva come oggetto una fiction – Servitore del Popolo – che il presidente ucraino Volodymyr Zelensky girò quando ancora faceva l’attore. Un’iniziativa che il vicepresidente non ha evidentemente potuto impedire.
Tuttavia, in un periodo in cui la libertà di informazione è messa a rischio soprattutto in Russia, dove i giornalisti indipendenti vengono messi nel mirino, con arresti, omicidi e chiusure degli organi di informazione, dove nuove leggi impongono sanzioni penali molto pesanti a chi non ripete le verità del regime, la presenza di un filo-putiniano come Savoini nell’organismo di garanzia lombardo è quantomeno stonata. Su questa base la mozione dell’opposizione, approvata a sorpresa in Aula, ne ha chiesto le dimissioni. E parliamo dello stesso Savoini che nel 2019 a Mosca, grazie ad agganci ad altissimo livello, provò a contrattare compravendite di petrolio a vantaggio della Lega, in un disegno che vedeva il partito di Salvini funzionale al disegno geopolitico del leader del Cremlino e del suo ideologo, Aleksandr Dugin, di stampo apertamente antioccidentale. Già allora il Pd presentò una mozione chiedendone le dimissioni, ma quella volta la maggioranza risultò compatta.
Oggi come allora la Lega difende Savoini, e difendendo lui tiene il filo del rapporto con il regime russo, seppure in un periodo di sanzioni e di condanne pubbliche. Nessuno gli dice che è meglio che lasci gli incarichi, nessuno prende le distanze. Alla fine, la Lega aspetta che la buriana passi perché, come diceva Salvini, loro preferiscono mezzo Putin a due Mattarella.
Redazione N7ggPd