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Pensate nel chiuso del palazzo, senza ascoltare i territori. La rete delle  case e degli ospedali di comunità approvata dalla giunta regionale per il Pd con la delibera dello scorso 11 ottobre rischia di essere la risposta sbagliata alle vere esigenze dei cittadini. E la prova di questo è che in molti casi non c’è stato un vero confronto con i sindaci.

Un esempio è il varesotto. “La Giunta – denuncia il vicepresidente del consiglio di rappresentanza dei sindaci dell’Ats dell’Insubria, Giovanni Resteghini – ha assunto decisioni individuando dove collocare le case egli ospedali di comunità e lo ha fatto senza un vero confronto con i sindaci che conoscono  bisogni e necessità del loro territorio. Sulla sanità  crediamo che sia necessaria una collaborazione delle Ats e delle Asst  con  noi sindaci che siamo deputati a rappresentare le esigenze dei cittadini. Questa collaborazione non c’è stata e questo significa partire con il piede sbagliato. Il progetto è stato presentato solo in una videoconferenza della durata di qualche minuto. Troppo poco per dare un giudizio, tanto che il consiglio dei sindaci non ha  espresso alcun parere ma chiesto  approfondimenti. In risposta sono stati programmati due incontri il 27 e il 28 ottobre prossimi, a decisioni prese.  Siamo dispiaciuti ma  lanciamo di nuovo un appello a Regione e a Ats  affinchè rimedino all’errore e aprano subito un vero confronto”.
Un’accusa chiara quella di Resteghini condivisa e sostenuta dal capodelegazione del Pd in Commissione sanità Samuele Astuti a cui la direzione welfare della Regione ha replicato  con una nota sostenendo fosse infondata. “Evidentemente – ha risposto Astuti- non sono informati su quanto accade nei territori, visto che a dire che non ci sono stati gli incontri sono proprio coloro che avrebbero dovuto parteciparvi, i sindaci. Questo non può non destare preoccupazione. Sembra che da palazzo Lombardia non ci sia alcun controllo di quanto accade nelle singole Ats”.

Un grido d’allarme arriva anche dal consigliere regionale Jacopo Scandella. “Il rischio-afferma Scandella- è che le case di comunità finiscano per essere qualcosa di già esistente a cui è stato semplicemente cambiato il nome, un’operazione di maquillage che non offre servizi aggiuntivi o più capillari. Anche istituirle dentro a un ospedale risponde più a un’esigenza organizzativa  che non al bisogno dei territori di avere un presidio nelle aree che oggi ne sono sprovviste. In Val Seriana, ad esempio, il fatto non è che resti senza case della comunità – non sarà così, ce ne saranno molte e verranno approvate nella seconda delibera regionale, entro dicembre – ma che queste portino a un reale miglioramento dei servizi alle persone. Su questo è fondamentale tenere alta l’attenzione e spingere perché tutti gli attori coinvolti – enti locali, Ats e Asst, erogatori privati, professionisti e associazioni – lavorino insieme per riuscirci”.
La bocciatura del Pd è chiara.“Regione Lombardia – conclude Astuti –  ritiri la delibera sulle case di comunità e si adoperi per  rimediare ai gravi errori commessi. Un progetto di tale portata non può essere deciso senza dialogo con il territorio”.

RedazioneN7ggPd

PD Regione Lombardia