Il consigliere regionale del PD Matteo Piloni chiede al governo regionale maggiore chiarezza sul ridimensionamento dell’Unità di Terapia Intensiva Neonatale (UTIN) di Cremona.
“Non sono un medico e non ho alcuna competenza tecnico-scientifica – premette il consigliere – Credo però che qualunque decisione verrà presa in merito al reparto di Terapia Intensiva neonatale, così come sull’intero presidio ospedaliero, debba essere caratterizzata da una grande chiarezza oltre che da coerenza normativa. E’ per questo mi permetto di rivolgere alcune domande, nove per la precisione, a chi sta valutando il ridimensionamento dell’unità di terapia intensiva neonatale di Cremona e ne ha la competenza”.
“Una scelta che, come è già stato detto, non può ricadere sulla testa dei cittadini cremonesi, ma neanche su quella degli amministratori o dei professionisti che lavorano nel reparto e in tutto l’Ospedale sottolinea Piloni – e che, per questo, necessita di tutta la chiarezza e coerenza possibile in riferimento ad una normativa che o vale per tutti, all’interno di una strategia complessiva e condivisa, o dovrà essere inevitabilmente rivista”.
Ecco i nove quesiti che il consigliere ha posto anche in via più formale attraverso una interrogazione rivolta all’assessore al Welfare.
- I criteri che riguardano il ridimensionamento di alcune Tin partono dai dati di saturazione dei posti letto che, per quanto riguarda Cremona, è di poco superiore al 50%. Sappiamo però che il 70% dei dati di saturazione sono errati perché molti mantengono “caricati” in intensiva anche pazienti stabili. Perché allora utilizzare i dati di saturazione quando su questi vi sono perplessità e nessuna garanzia di controllo?
- Per una disamina più approfondita sarebbe stato opportuno considerare anche altri parametri quali la ventilazione, le intubazioni, le ipotermie. Perché non sono stati presi in considerazione?
- La necessità di avere e garantire sicurezza per le mamme e i neonati non è e non deve essere messa in discussione. Per questo viene quindi ritenuto che la presenza di un reparto di medicina materno-fetale sia un requisito indispensabile per avere una Terapia Intensiva Neonatale (Tin). Sappiamo anche del livello di sovrasaturazione del Civile di Brescia che sarà anche oggetto di lavori di ristrutturazione che ne limiteranno la funzionalità. E’ quindi pensabile che Cremona trasferisca una donna gravida alla Fondazione Poliambulanza, nonostante questa sia sprovvista di un centro di medicina materno-fetale?
- E’ previsto che la Tin sia collocata in un presidio con tutte le specialità a disposizione. Altri presidi che non sono oggetto di ridimensionamento della Tin sono però sprovvisti di alcune specialità. Ad esempio, la Melloni non ha la rianimazione dell’adulto; Mantova e Seriate non sono sedi di DEA di II° livello; la Poliambulanza, così come anche la Melloni e Seriate, sono sprovviste di chirurgia o neurochirurgia pediatrica. La presenza delle specialità non è quindi da ritenersi un criterio fondamentale?
- La Fondazione Poliambulanza di Brescia è considerata una TIN di appoggio, in quanto è inferiore ai 50 neonati di peso molto basso. Considerata anche la sovrasaturazione del Civili di Brescia, è corretto prevedere quindi il trasferimento dei sub intensivi dal Civili a Cremona, a distanza di 55 km?
- In tutti i suoi interventi, la Regione garantisce che i neonati che verranno trasferiti saranno molto pochi. Ad oggi la Tin di Cremona conta circa una quindicina di neonati con le caratteristiche previste per un loro trasferimento (VLBW). Se però nei criteri di sub intensiva non viene garantita né la ventilazione meccanica né l’ipotermia, ai quindici si aggiungono i circa 30 neonati annui in media che necessitano di queste terapie. E’ corretto quindi pensare che Cremona trasferirà una cinquantina di neonati rispetto ai parametri attuali, su un totale di circa 200?
- Oltre ai neonati vanno considerate anche le mamme. Se viene tenuto come punto di riferimento la 34esima settimana il livello sotto la quale il feto è considerato a rischio e, quindi, da trasferire, oltre ai neonati è plausibile pensare che saranno almeno una cinquantina (media annua dei numeri attuali) le donne che saranno prese in cura da Brescia e non più da Cremona?
- L’unica Ats sprovvista di una sede di Dea di II° livello (dipartimento di emergenza e accettazione) è l’Ats Valpadana, che comprende le Asst di Cremona, Crema e Mantova. Se ci aggiungiamo che anche la provincia di Lodi ne è sprovvista, buona parte del sud della Lombardia, ad eccezione di Pavia, non ha una sede di Dea di II° livello. E’ pensabile ipotizzare, all’interno di un rafforzamento dei presidi ospedalieri, di prevedere una sede di Dea di II° livello che afferisca ad una delle Asst dell’Ats Valpadana?
- Infine la questione dei punti nascita. Dato che si parla sempre e giustamente di sicurezza, e che per la Tin di Cremona pesa anche il criterio dell’assenza di un Dea di II° livello, vista l’esistenza in Lombardia di punti nascita sotto i 500 parti anche in presidi provvisti solo di pronto soccorso, è corretto ipotizzare che, in Lombardia, saranno chiusi anche altri punti nascita?
Milano, 11 febbraio 2019